"Le vite potenziali" di Francesco Targhetta

Mercoledì 30 maggio, ore 18:00 
presso Libreria Mondadori - Palazzo Monsignani, via Emilia, 71, Imola
presentazione del libro
"Le vite potenziali"
di Francesco Targhetta
Mondadori
dialogano con l’autore
Muriel Pavoni, Giorgio Zabbini

Alcuni appunti di lettura
Un’azienda alle periferie Marghera, fondata da un giovanissimo Alberto, con una spiccata attitudine imprenditoriale e votato essere “il capo”, con lui c’è Luciano, amico di scuola, che si potrebbe definire il nerd e Giorgio, detto GDL, che sfrutta la sua posizione per moltiplicare gli incontri, principalmente con donne ma non solo, figura chiave nell’azienda, che tiene nel cassetto “L’arte della guerra”, sempre in movimento, alla continua ricerca di migliorare la propria posizione, per loro il sogno tecnologico permette il controllo sulle vite ma esclude l’emozione.
Competizione, affanno, velocità, riposizionamento, superficie, esclusione di profondità, mancanza di tempo e attenzione per dedicarsi con attenzione alla vita, tutti si muovono in continuazione, dei personaggi conosciamo le uscite, la propensione per i cabernet barricati, le amicizie, i goffi innamoramenti, il mondo visto con la logica tecnologica. La dimensione introspettiva viene tagliata fuori e invece affidata allo sconforto di un paesaggio, rivestito da una patina di penosa commozione, composto da non luoghi popolati da outlet, tangenziali, silos, capanni in lamiera, mari oleosi e verdastri. Le poche, vere, emozioni sono legate alla tecnologia, alla rievocazione di un mondo “informatico” che non c’è più, che è relegato al passato.
Raccontare l’ambiente e i suoi abitanti, con la lucidità spietata di uno sguardo poetico, con una lingua che regala un sentimento di compassione pur nella totale esclusione dell’emotività, sembra essere l’intenzione, completamente centrata, dell’autore, che restituisce a un linguaggio aziendalista, di matrice anglosassone, una linfa poetica convincente ed evocativa.
Se i giovani di “Perciò veniamo bene nelle fotografie” erano, appunto, fotogenici perché immobili, questi giovani adulti, ovvero contribuenti, sono sempre in movimento, quindi imprendibili, rimane Luciano, il nerd goffo nei rapporti interpersonali, che ha passato la maggior parte della vita appartato rispetto agli altri, a regalarci le pagine più intime e amare:
“Ci sono persone a cui neanche una volta capita nella vita di essere amate. Tutto l’amore che provano torna loro indietro, come un’altalena vuota.”

Il Pinocchio di Bertozzi e Casoni

Autore Orfeo Raspanti.

Ho visto l’opera di Bertozzi e Casoni al Centro Gianni Isola dove resterà fino al 20 Maggio,
ultima acquisizione della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola.
Ne scrivo su un blog che si occupa prevalentemente di libri, non soltanto perché Pinocchio
è un personaggio letterario, come fanno i grandi libri questo Pinocchio di ceramica ti
costringe a fare i conti con te stesso; vuole farti da specchio; dice guardami, guardati.
Seduto sopra decine di edizioni diverse del libro di Collodi, solletica il bibliofilo (tra gli altri
un Pinocchio di Jacovitti) ma è una fuga breve; i libri sono partoriente e parto di
un’esistenza grama, dove la metamorfosi non si è compiuta del tutto. Eppure il vecchio
pretende attenzione, non ti guarda, vuole essere guardato. E’ un Pinocchio vecchissimo
fatto di travi centenarie esposte all’intemperie di una casa diroccata; albero maestro
fracassato dai marosi e inghiottito dalla balena.
La materia di Bertozzi e Casoni è plasmata con tale maestria da essere più legnosa del
legno, la carne del volto è cuoio indistruttibile, maschera d’anima distrutta; anima dal lungo
naso. Dubbio: il naso di Pinocchio diventa lungo solo quando dice una bugia, o no?
Questo vecchio burattino dal volto umanissimo ha il naso di chi ha solo mentito, prima di
tutto a se stesso e continua a farlo; vispo il naso, invecchiato, ma tonico, fiuta la
menzogna, se ne ciba e cresce. Enigmatico.
Enigmatico come l’elegante cappello a punta, confezionato con i fogli della Settimana
Enigmistica, esattamente con la pagina della Settimana della Sfinge.
Il filo d’inquietudine che tratteggia l’opera culmina nel grillo; c’è anche lui, senza cappello a
cilindro, per nulla ridanciano l’insetto sta appollaiato, fiero e silenzioso, sulla mano sinistra
di Pinocchio come sul ponte di comando di un veliero alla deriva, guarda l’orizzonte con la
sicurezza di chi possiede il salto che lo salverà.
La postura del vecchio burattino potrebbe riecheggiare il pensatore di Rodin, però il
pensiero qui non ha attecchito, c’è solo l’affermazione che dà il titolo all’opera: NON
RICORDO come un colpevole testimone al processo per una strage di stato.